La Grotta di Cocceio (detta anche Grotta della Pace) è una galleria sotterranea, scavata sotto il monte Grillo, che collegava Cuma con la sponda occidentale del lago d’Averno
L’opera, fu progettata e costruita intorno al 37 a.C. da Lucio Cocceio Aucto su commissione di Marco Vipsanio Agrippa, che ne volle la realizzazione per motivi militari: era necessaria infatti per collegare Cuma, fortificazione e punto di vedetta sul litorale domizio-flegreo, con il Portus Iulius, un’importante infrastruttura militare insistente sui bacini del lago d’Averno e del lago Lucrino, che canali artificiali progettati dallo stesso Cocceio collegavano tra loro e al golfo di Pozzuoli.
Il traforo è interamente scavato nel tufo per poco meno di un chilometro, con sezione trapezoidale e andamento rettilineo leggermente in salita verso Cuma (il dislivello è circa 40 m). L’entrata orientale, sul lago, presenta un breve tratto con volta a tutto sesto in opus reticulatumed era preceduta da un vestibolo ornato da colonne e statue, andato distrutto. La galleria prendeva luce ed aria da sei pozzi scavati nella collina (il più lungo dei quali era alto oltre trenta metri) ed era abbastanza larga da permettere il passaggio di due carri.
Parallelamente alla galleria carrabile, sul lato settentrionale, correva un acquedotto sotterraneo, anch’esso dotato di nicchie e pozzi verticali, per l’approvvigionamento idrico del porto.
Esso è anche chiamato Grotta della Pace: secondo una leggenda cinquecentesca un cavaliere spagnolo, tal Pietro di Pace, malconsigliato da maghi e chiromanti, avrebbe dilapidato i propri beni nella vana ricerca di un presunto tesoro ivi sepolto.
La galleria, caduta nell’oblio, fu ripristinata nell’Ottocento dai sovrani borbonici; durante la Seconda guerra mondiale fu utilizzata come deposito di esplosivi e subì dei danni quando alcuni di questi esplosivi scoppiarono accidentalmente nel primo dopoguerra. Versa in stato di totale abbandono, essendo buio, impraticabile e a rischio di ulteriori crolli.
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